Magnifico concerto per "Armonie sotto la Rocca"

ENRICO PIERANUNZI GRANDE AFFABULATORE

Non sincretismo, non fusione di generi, non reinvenzione. Il pianismo di Enrico Pieranunzi è naturalezza, maturità, donazione, coscienza. La sua musica nasce ogni volta come fosse la prima. Durante il suo récital, a chiusura di «Armonie sotto la Rocca» di Manerba, salgono dalla vallata sottostante canzoni pop. «Proprio questo distingue il jazz dal resto della musica - spiega-: che nessun brano sarà mai suonato due volte uguale».
Maglioncino blu notte, eloquio dilagante, suprema cordialità, il romano Enrico è un magnifico affabulatore, con suoni e parole. «Stop ai titoli in inglese», si lamenta; e parte il ritmico ricamo di «Come rose dai muri». Saluta i turisti tedeschi col canto baritonale di «Castle of solitude», composizione nata da una sua tournée a Neuschwanstein in Baviera. Nel presentare «Tales of unexpected» sogghigna: «l pianisti vivono un rapporto d'amore con il loro strumento. Ho assistito a scenate di gelosia, perché nelle agendine dei mariti le donne trovavano numeri che credevano telefoni di amanti: erano i numeri di telaio di pianoforti particolarmente apprezzati. Anch'io spero di reincontrare lo Steinway 571401 di stasera». La sua «My Funny Valentine» ricalca quella incisa al Village Vanguard di NewYork nel luglio 2010, ma lui tranquillizza: «Non aspettatevi nemmeno una frase identica all'altra. Quella volta, poi, accanto a me c'era Paul Motian, e dietro avevo la foto di Bill Evans». Nello spagnoleggiante «Horizontes finales» esulta: «Ho beccato il "re" finale! Divido le serate in due: quelle in cui lo azzecco e quelle in cui lo sbaglio». Durante l'esecuzione di «Blue walls» si ferma per due volte, al rintocco reiterato delle ore della campana di Montinelle: «Ma che, ce stanno du' chiese?». Sposta gli accenti, contrappunta fittamente, maschera la melodia, cambia umori, densità, tempi, con una mostruosa mobilità armonica, in «Somebody my Prince will come». «Hanno trascritto le mie improvvisazioni; non riuscivo quasi a rifarle: davvero è roba mia?», dice. Due bis, successone.

28 Agosto 2016    GIORNALE DI BRESCIA   Enrico RAGGI